Nel 2019 Daniele Silvestri portava a San Remo un pezzo dirompente. Mentre lo ascoltavo non potevo credere che finalmente qualcuno parlasse fuori dai denti di quell’enorme peso che sono costretti a portare tutti gli esseri umani almeno occidentali, in crescita, la scuola.
Fu la mia atavica insofferenza verso quell’istituzione che mi condusse alla Scuola Waldorf di cui all’epoca della sua scoperta, non sospettavo nemmeno l’esistenza. Ovviamente i tesori non sono così facili da trovare… La scuola Waldorf fu certo una salvezza ma anche in essa vivevano, nelle persone che le davano vita, gli stessi condizionamenti di questa nostra società del consumo, del funzionamento, della competizione, del giudizio.
Tutta la mia carriera di mamma si è dovuta misurare con i dettami di questa società scollata dall’umano.
É stata questa la ragione che mi ha condotto a studiare l’Antroposofia tutta ed a fare i percorsi formativi nella pedagogia Waldorf e poi in quella curativa.
Il testo è il quadro di un generalizzato approccio verso bambini e ragazzi: distante, gerarchico, vessatorio, oppressivo, dispotico, coercitivo. Una modalità alla quale molti bambini e giovani nel corso della loro crescita inesorabilmente si piegano, arrivando essi stessi a considerarlo normale e cadendo in un oblio sempre più profondo rispetto alla possibilità di educere sé stessi e dunque essere sé stessi, che li porterà a dimenticare nel corso della loro vita, il motivo spirituale per il quale sono giunti su questa Terra e rendendoli invece ‘adeguati al sistema, funzionanti per esso‘, al punto che essi stessi ne diventeranno sostenitori, custodi e divulgatori a loro volta.
Perché accade?
Perché non è concessa la libertà di essere sé stessi?
Perché essere sé stesso significa non essere controllabili. È molto meglio in-segnare sin da piccoli l’obbedienza, il conformismo, l’adeguamento ai condivisi schemi sociali, alle regole, il politically correct a scapito della manifestazione del proprio IO. Tanti ego, scarsi IO.
Questo schema “educativo” semplifica assai la vita degli adulti e delle istituzioni poiché sottomette l’individuo e la sua ‘imprevedibilità di libertà’ all’autorità costituita, che siano istituzioni o educatori/genitori. Figure anche esse bambini cresciuti nella stessa maniera e dunque frutto di una sottomissione al sistema che non conosce altri strumenti ‘educativi’ se non quelli coercitivi e competitivi. Pertanto può e sa utilizzare solo l’autorità per determinare i risultati che si attende e lo fa con uno strumento efficacissimo: la paura.
Così, la maggior parte dei bambini dopo questo addestramento decennale diventa a sua volta un adult normale. Tutti normali, tutti uguali, tutti funzionanti. Tutti sottomessi al sistema, al monopensiero ed alle sue regole.
Peccato che Rudolf Steiner nel Corso di pedagogia curativa dice che nessuno è normale e che il concetto di normalità è qualcosa che occupa il tempo di una comunità di benpensanti…
Essere educatori, insegnanti o genitori, non vuol dire possedere naturalmente le caratteristiche per svolgere queste chiamate. Quindi non occorre nemmeno sentirsi del tutto in colpa poiché si è vittime noi stessi di questo sistema. Ma rendersene conto è in nostro potere ed agire per modificarlo altrettanto.
Non è scontato essere in grado di occuparsi di età evolutiva semplicemente perché si è acquisito un diploma o una laurea o perché si è diventati genitori.
Se non si è fatto e si continua a fare un intenso lavoro di conoscenza dell’uomo sia da un punto di vista dei comportamenti, che Steiner chiama “vita animica transitoria“, sia da un punto di vista delle cause spirituali, che Steiner chiama “vita animica durevole”, di fronte agli esseri umani – adulti o bambini -, ci troveremo sempre davanti all’ignoto e dunque apparirà la paura del non sapere cosa fare che ci indurrà a muoverci nel modo più ovvio possibile, la coercizione.
Sempre allora di fronte ad una risposta che dal mondo adulto porta sofferenza al mondo dell’infanzia, dell’adolescenza e della giovinezza, dovremo prima guardare ciò che noi come adulti abbiamo causato al mondo dell’infanzia e poi andare a domandarci che cosa possiamo fare. Questo è il risultato di un lavoro che non possiamo fare da soli. Abbiamo bisogno di guide che ci tirino fuori dalla caverna dell’ignoranza.
Tutti abbiamo bisogno di aiuto non solo i bambini.
Se non aiutiamo gli adulti non possiamo nemmeno aiutare i bambini.
Di sovente purtroppo gli adulti non sono consapevoli di non essere all’altezza, perché la società ha deciso che basta avere un certo numero di primavere sul proprio calendario e/o tutta una serie di titoli, che ci si possa occupare di infanzia, adolescenza e giovinezza nelle forme dell’insegnamento o della terapia.
Ma questo non è assolutamente vero.
Conoscere l’essere umano da un punto di vista scientifico-spirituale è l’unica base su cui far sorgere una sana relazione con l’altro e questo è valido per qualsiasi età.
L’approccio della Pedagogia Curativa Antroposofica (o scientifico-spirituale) parte sempre dalla conoscenza dell’uomo in tutte le sue 4 ( 7 o 9) parti costitutive come punto di osservazione del loro stato dell’arte, senza pregiudizi invece sui comportamenti dei bambini.
A partire da questo si svolge in una osservazione pura dei fenomeni e degli individui, quella che lascia parlare l’oggetto della propria osservazione senza apporre ad essa alcuna personale categoria, libera dai sensi, dai personali condizionamenti, dalle opinioni, dalle risposte indotte dal proprio vissuto.
Una osservazione che aiuta l’osservatore a giungere all’Essenza del bambino, a ciò che egli è.
E non a ciò che lui si vorrebbe che fosse o divenisse.
Il racconto fatto da Daniele Silvestri è la base di quel punto di vista che voglio raccontare, quella più cruda, quella più asciutta, quella più drammatica che, apparentemente senza redenzione, in realtà è il punto di vista più importante dal quale dobbiamo partire quando vogliamo e ci viene chiesto di aiutare qualcuno: il sintomo.