Dopo aver ricevuto un video della dottoressa Tupini (psicoterapeuta) dove sembrava molto certa che esistano genitori che ‘non amano i figli’ mi sono fatta questa domanda. Può un genitore non amare suo figlio?
Ma cosa significa amare?
Potremmo rispondere semplificando al massimo, ma forse nemmeno troppo, che amare significa volere il bene di qualcuno o qualcosa ed attivarsi per farlo.
Vista così, difficilmente un genitore può essere accusato di non amare. Anche il più disastroso dei genitori se è in buona fede e se non ha importanti disturbi della personalità cerca di fare il bene dei figli. Che poi vi riesca è un’altro racconto.
Ed allora chi sarebbe il genitore che non ama? Perché la sensazione di non essere stati amati da bambini, non è così rara tra gli adulti. Chi il genitore che non ama?
Quello distaccato, indifferente, super impegnato, dispotico, autoritario, rigido, punitivo? Tecnicamente dovrebbe essere questo il genitore che non ama.
Ma un genitore così è una persona equilibrata? O forse anche lui a sua volta figlio del non amore?
Sì diventa genitori senza diplomi. Ovvero non si studia per diventarlo, non si ha nessuna conoscenza di ciò che significa genitorialità. Così un genitore che è stato un bambino ferito, come farebbe a sua volta a non ferire se non sa egli stesso i motivi per i quali sbaglia e non ama i suoi figli?
Un genitore deve essere aiutato in primo luogo a ritrovare se stesso, il suo bambino interiore, il suo bambino inascoltato. Ma da chi? Mica è semplice rispondere a questa domanda.
Una volta che si è cresciuti anagraficamente, non è affatto detto che si sia ugualmente cresciuti interiormente.
La Pedagogia curativa non si occupa solo del bambino ma anche della famiglia, di quei genitori che sbagliano perché non sanno di sbagliare.
È un percorso di crescita da fare insieme tra esseri umani fratelli.
Perché la differenza anagrafica ci fa essere in questa vita genitori o figli, ma nella successiva può accadere il contrario. Una spicciolata di anni non è nulla in confronto ai secoli del post mortem ove tutto si rimescola.
Essere arrivati prima o dopo non fa così tanta differenza da far diventare ‘colpevole’ solo chi è arrivato prima.
Ci sono i legami karmici, quella memoria dell’anima che sopravvive al post mortem e che vive sulla Terra ancora mentre noi non ci siamo più, e che ci attende ancora ed ancora perché lei non dimentica.
Così si impara ad amare. Perché ad amare si impara.
Si impara a conoscere cosa è il bene perché si è conosciuto il male e si è scelto il bene. Per sé e per chi si dice di amare: partner, familiari, amici o figli che siano.
E magari ci vorrà qualche vita e tanto dolore per se e per altri, ma non c’è altra strada.
Quindi, quanta banalità nella parola amore. Più di quella del male.
23/24 Giugno – Notte di Venere – Notte di Amore e della Bellezza