“Così le esperienze animiche acquistano durata non solo entro i limiti fra nascita e morte, ma anche oltre la morte.
L’anima imprime le sue esperienze non soltanto allo spirito che risplende in lei, ma come abbiamo mostrato (v. pag. 48) le imprime anche al mondo esterno mediante l’azione.
Quel che ieri abbiamo compiuto, sussiste ancora oggi nel suo effetto.
Un’immagine della connessione tra causa ed effetto nel senso da noi ricercato ci vien data dal raffronto tra sonno e morte.
Spesso il sonno è stato chiamato il fratello minore della morte.* Mi alzo la mattina, la continuità della mia attività è stata interrotta dal sonno. Normalmente non è possibile che la mattina io riprenda la mia attività a capriccio. Devo riallacciarmi a quanto ho fatto ieri, se voglio che nella mia vita regnino ordine e coerenza. Le mie azioni di ieri sono le premesse di quanto dovrò fare oggi. Con ciò che ho compiuto ieri, ho preparato il mio destino di oggi. Mi sono per un certo tempo separato dalla mia attività, ma essa è mia e mi attira di nuovo a sé dopo che per un certo periodo me ne sono separato.
Il mio passato rimane legato a me, continua a vivere nel mio presente e mi seguirà nel mio avvenire.
Se gli effetti delle mie azioni di ieri non dovessero essere il mio destino di oggi, questa mattina non mi sarei svegliato, ma avrei dovuto essere creato di bel nuovo dal nulla. Sarebbe assurdo se in condizioni normali non volessi abitare in una casa che io stesso ho fatto costruire.
Come l’uomo non è creato di bel nuovo ogni mattina, cosi non lo è lo spirito umano quando inizia la sua vita terrena.
Cerchiamo di chiarirci che cosa accade quando ci si affaccia a una vita.
Compare un corpo fisico che riceve la sua figura per le leggi dell’ereditarietà.
Il corpo diviene il portatore di uno spirito che ripete in forma nuova un’esistenza precedente.
Fra corpo e spirito sta l’anima che conduce una vita propria, raccolta in sé.
Le sue simpatie e antipatie, i suoi desideri e le sue brame servono a lei; essa pone il pensare al proprio servizio.
Quale anima senziente riceve le impressioni del mondo esteriore e le porge allo spirito affinché ne tragga frutti duraturi.
L’anima ha per così dire una parte di mediatrice, e quando l’ha assolta il suo compito è finito.
Il corpo le forma le impressioni;
essa le trasforma in sensazioni,
le conserva nella memoria quali rappresentazioni e
le consegna infine allo spirito perché questi conferisca loro durata.
L’anima è in effetti l’elemento per cui l’uomo è parte della vita terrena. In virtù del suo corpo, appartiene alla specie umana fisica, ne è membro. Col suo spirito vive in un mondo superiore.
L’anima collega temporaneamente i due mondi.
Ma il mondo fisico in cui entra lo spirito umano non è una scena a lui estranea.
Vi stanno impressi i segni delle sue azioni.
Vi è in essa (nella scena ndr) qualcosa di cui è parte. Questo qualcosa reca l’impronta del suo essere, è imparentato con lui.
Come un tempo l’anima ha trasmesso allo spirito le impressioni del mondo esteriore, perché in lui avessero durata, così, quale organo dello spirito, essa ha tradotto in azioni, parimenti durature nei loro effetti, le facoltà che ha ricevute da lui.
Con ciò l’anima è realmente fluita in quelle azioni.
Negli effetti delle sue azioni l’anima continua a vivere una seconda vita indipendente.
Ma questo può dar modo di considerare la vita da come si presentano nella vita i fatti del destino. Qualcosa “capita” a un uomo. Egli sara magari incline a ritenerlo anzitutto come avvenuto per “caso“.
Può tuttavia scoprire di essere lui medesimo la risultanza di tali ‘casi’.
Chi sui quarant’anni si osserva, e rispetto alla propria anima non vuol fermarsi a un’astratta rappresentazione dell’io, potrà dire:
io altro non sono che quello che sono divenuto in virtù di quanto mi è finora “capitato” per destino, non sarei forse diverso se per esempio a vent anni avessi avuto una data serie di vicende, diversa da quella realmente attraversata?
Non cercherà allora più il suo “io” nei soli impulsi di evoluzione che scaturiscono dall’interiorità, ma anche in ciò che esercita da fuori uni azione formatrice sulla sua vita.
In ciò che “gli accade” riconoscerà il proprio io.
Se ci affidiamo senza preconcetti a tale riconoscimento, basterà muovere un ulteriore passo nell’osservazione davvero profonda della vita per scorgere, in quel che ci fluisce da determinate esperienze del destino, qualcosa che afferra l’io dall’esterno, come la memoria agisce dall’interiorità per risvegliare un’esperienza passata.
Possiamo cosi metterci in grado, nell’esperienza che ci viene dal destino, di percepire come un’azione passata dell’anima prenda la via verso l’io, cosi come nel ricordo un’esperienza passata prende la via verso la rappresentazione quando se ne presenti l’occasione dal di fuori.
Prima si era detto come “possibile” (vedi pag 49) l’idea che le conseguenze di un’azione potessero incontrare l’anima umana.
Entro i limiti di una singola vita terrena è però escluso che le conseguenze di certe azioni possano già manifestarsi, perché in quella vita terrena vi è la disposizione a compiere quell’azione, e appunto la si compie.
Una certa conseguenza dell’azione non può in tal caso ripercuotersi sull’anima, come non è possibile ricordare una vicenda che sí stía ancora attraversando.
Sotto questo riguardo può solo trattarsi di sperimentare conseguenze di azioni che non incontrino più l'”io” con le disposizioni proprie della vita terrena in cui si compì l’azione stessa. Lo sguardo può dirigersi soltanto a conseguenze di azioni compiute in precedenti vite terrene.
Così, non appena si senta come l’esperienza del destino che in apparenza ci “capita” sia congiunta con l’io (allo stesso modo in cui vi è congiunto quel che si forma dalla sua interiorità), non si può fare a meno di vedere in tale esperienza del destino la conseguenza di azioni di precedenti vite terrene. All’ammissione, paradossale per la coscienza comune, che il destino di una vita terrena sia connesso con le azioni compiute in una esistenza precedente, siamo dunque condotti da un’ intima comprensione guidata dal pensare.
Anche quest’idea riceve però pienezza di contenuto solo dalla conoscenza soprasensibile; senza di essa, rimane appena abbozzata.
Ma anche qui dopo essere stata conquistata dalla coscienza comune, essa prepara l’anima a poterla guardare nella sua verità, mediante l’osservazione sopra-sensibile.
Solo una parte della mia azione è nel mondo esterno; l’altra è in me.
Un semplice raffronto, tolto dalle scienze, ci chiarirà la relazione tra l’io e l’azione.
Animali vedenti, immigrati un tempo nelle caverne del Kentucky, persero la vista dimorando in quelle caverne. Il soggiorno nell’oscurità atrofizzò i loro occhi. Negli occhi non si esplicò più l’attività fisica e chimica che si svolge quando si adopera la vista. La corrente della nutrizione, adibita prima a quell’attività, fluì verso altri organi. Ormai quegli animali possono vivere solo in quelle caverne. Con la loro azione, con l’immigrazione nelle caverne, si sono creati le condizioni della loro futura esistenza. Quell’immigrazione è divenuta parte del loro destino.
Un essere che una volta abbia agito, si è congiunto con i risultati delle sue azioni.
Così è dello spirito umano.
L’anima ha potuto trasmettergli certe facoltà solo in quanto è stata attiva.
Tali facoltà corrispondono alle azioni compiute.
Per effetto di una sua azione vive nell’anima l’attitudine piena di forza ad eseguirne un’altra, conseguenza della prima.
L’anima racchiude in sé questa necessità, finché la nuova azione sia compiuta.
Si può anche dire che un’azione imprima nell’anima la necessità di compiere la conseguenza dell’azione stessa.
Con le sue azioni lo spirito umano veramente prepara il suo destino. In una nuova vita si trova legato a ciò che aveva compiuto nella precedente.
Si potrà chiedere: ‘ma come può essere, dato che reincarnandosi lo spirito umano viene a trovarsi in un mondo tutto diverso da quello di prima‘?
Una tale domanda poggia sopra una rappresentazione assai esteriore delle concatenazioni del destino.
Anche se mi trasferisco dall’Europa all’America, vengo a trovarmi in un ambiente del tutto nuovo. Eppure la mia vita in America dipenderà del tutto dalla mia precedente vita in Europa.
Se in Europa ero meccanico, la mia vita in America prenderà tutt’altra piega che se fossi stato impiegato di banca.
Nel primo caso mi troverò probabilmente in America circondato da macchine e nell’altro da cose bancarie.
In ogni caso la mia vita precedente determinerà il mio ambiente; attirerà per cosi dire da tutto il mondo circostante le cose che le sono affini.
Così è del Sé spirituale.
In una nuova esistenza si circonda necessariamente di quel che, per le vite precedenti, gli è affine.
Il sonno offre una buona immagine della morte appunto perché durante il sonno l’uomo è sottratto alla scena ove lo attende il suo destino.
Mentre si dorme, su quella scena gli eventi continuano a svolgersi. Per un certo tempo, non abbiamo alcuna influenza sul loro decorso. Eppure la nostra vita di oggi dipende dagli effetti delle azioni compiute ieri.
La nostra individualità si reincarna realmente ogni mattina nel mondo delle nostre azioni.
Ciò che durante la notte era separato da noi, ci avvolge per così dire durante la giornata.
Lo stesso accade con le azioni delle incarnazioni precedenti.
Quale destino, ci rimangono collegate, come la vita in oscure caverne rimane collegata con gli animali che, per esservi immigrati, persero la facoltà visiva. Come quegli animali possono ormai vivere soltanto nell’ambiente in cui si erano trasferiti, così lo spirito umano può vivere soltanto nell’ambiente che si è creato con le sue azioni.
Il corso diretto degli avvenimenti fa sì che la mattina io ritrovi la situazione da me preparata il giorno avanti.
La parentela fra il mio spirito reincarnato e le cose dell’ambiente esterno fa sì che, reincarnandomi, io trovi intorno a me un mondo conforme alle conseguenze delle azioni da me compiute nella vita precedente.
Da ciò possiamo pensare la posizione dell’anima nell’insieme dell’essere umano.
Il corpo fisico soggiace alle leggi dell’ereditarietà.
Lo spirito umano invece deve sempre tornare a reincarnarsi, e la sua legge è di portare i frutti delle vite precedenti in quelle che seguono.
L’anima vive nel presente, ma la sua vita nel presente non è indipendente dalle vite precedenti.
Lo spirito che si incarna porta infatti il suo destino dalle precedenti incarnazioni.
Tale destino determina la vita.
Le impressioni che un’anima potrà ricevere,
i desideri che vedrà appagati,
le gioie e i dolori che sorgeranno in lei,
le persone che incontrerà,
tutto dipende dalle azioni compiute dallo spirito nelle incarnazioni precedenti.
In una vita successiva
l’anima dovrà ritrovare le persone con le quali già era stata unita, perché le azioni che si sono svolte tra loro debbono avere le loro conseguenze.
Come una data anima, anche quelle a lei unite aspireranno a reincarnarsi nella stessa epoca.
La vita dell’anima è così un risultato del destino che lo spirito umano si è creato.
Il corso di una vita umana fra nascita e morte è determinata da tre elementi, e attraverso questi si dipende in triplice modo da fattori che stanno al di là della nascita e della morte.
Il corpo soggiace alla legge dell’ ereditarietà;
L’anima soggiace al destino che si è creato.
Con un’antica espressione tale destino si chiama karma.
Lo spirito sta sotto la legge della reincarnazione, delle ripetute vite terrene.
Il nesso tra corpo, anima e spirito può quindi venir espresso anche così:
imperituro è lo spirito;
nascita e morte dominano nella corporeità conformemente alle leggi del mondo fisico;
la vita dell’anima, sottoposta al destino, congiunge il corpo e lo spirito durante il corso di una vita terrena.
Ogni ulteriore conoscenza circa la natura dell’uomo presuppone la conoscenza dei “tre mondi” dei quali è parte. Di questi tratteremo nel prossimo capitolo.
Chi osservi i fatti dell’esistenza umana e non tema di seguire fin nelle ultime propaggini i pensieri che risultano da un’osservazione viva, già con la sola logica può giungere all’idea delle ripetute vite terrene e alla legge del destino.
Come è vero che il chiaroveggente dall'”occhio spirituale” aperto sperimenta le vite passate come in un libro aperto, così è vero che la verità di quanto abbiamo considerato può risplendere all’esame della ragione.
Rudolf Steiner
Teosofia pag 61-66 REINCARNAZIONE DELLO SPIRITO E DESTINO (KARMA)