I Segreti della soglia

O.O 147
Monaco, 27 agosto 1913 (lettura 35 minuti)

Quando l’anima divenuta chiaroveggente progredisce ancora, da quello che qui è stato chiamato negli ultimi giorni il mondo elementare penetra nel mondo spirituale vero e proprio. Molto di ciò che è già stato detto deve venir considerato in maniera ancora più esatta, quando l’anima umana ascende nel mondo spirituale vero e proprio. Nel mondo elementare, molto degli avvenimenti e delle cose che l’anima divenuta chiaroveggente ha intorno a sé ricorda le caratteristiche, le forze, tante cose del mondo sensibile. Ma quando l’anima s’innalza al mondo spirituale, le vengono incontro le caratteristiche, le peculiarità di avvenimenti e di entità in modo del tutto diverso di quanto non sia nel mondo sensibile. In misura ancora più elevata l’anima deve disabituarsi a servirsi per il mondo spirituale della facoltà rappresentativa e delle capacità valide per il mondo sensibile. E una delle cose più inquietanti per l’anima umana, trovarsi di fronte a un mondo a cui non è affatto abituata e che la obbliga a lasciarsi alle spalle tutto quanto aveva finora potuto sperimentare e osservare. Tuttavia, se nella mia Teosofia, o nella mia Scienza occulta, o adesso anche nel quinto e sesto quadro del Risveglio delle anime, si considerano le rappresentazioni date del mondo spirituale vero e proprio, ci si accorgerà che tali rappresentazioni, sia quelle date in modo più scientifico, sia quelle osservabili in palcoscenico, sono date in immagini, per così dire, tratte proprio da impressioni e osservazioni del mondo fisico-sensibile.

Si ricordi un istante come viene presentato il passaggio attraverso il cosiddetto Devachan**, o come ‘ho chiamato io: “Mondo dello spirito“. 

Si troverà che le immagini utilizzate hanno caratteristiche tratte dalla visione sensibile. Questo deve apparire necessario sin dall’inizio, quando ci si propone di presentare scenicamente in teatro la regione dello spirito, la regione che l’anima umana sperimenta nella vita tra la morte e una nuova nascita.
È cioè necessario caratterizzare gli avvenimenti, tutto quanto succede, in immagini tratte dall mondo fisico-sensibile. Infatti, ci si può facilmente immaginare che gli odierni lavoratori teatrali saprebbero combinare poco con quello che si potrebbe portare dal mondo spirituale vero e proprio, e che non potrebbe avere assolutamente nulla in comune col mondo sensibile. Rappresentando la regione dello spirito, si viene così posti nella necessità di esprimersi attraverso immagini colte dall’osservazione sensibile. Ma non è solo questo il caso. Si potrebbe facilmente credere di dover procedere così nella rappresentazione, dato che le immagini sensibili che vi si impiegano si riferiscono a un mondo che nelle sue caratteristiche non ha nulla che lo accomuni al mondo sensibile; si potrebbe credere che chi vuole rappresentare quel mondo faccia appunto ricorso a immagini sensibili. Ma non è così. Infatti l’anima divenuta chiaroveggente, entrando nel mondo spirituale, vede davvero quegli elementi di scena esattamente nelle immagini che si vedono rappresentate nel dramma, in entrambi i quadri della regione dello spirito.

Quelle immagini non sono escogitate per caratterizzare attraverso di esse qualcosa del tutto diverso: l’anima divenuta chiaroveggente è realmente all’interno di quegli elementi scenici che costituiscono il suo ambiente. Come l’anima è nel mondo fisico-sensibile in un paesaggio in cui rocce, monti, boschi, campi le sono intorno, e come essa, se è sana, deve considerarli realtà, così l’anima divenuta chiaroveggente, nell’osservare al di fuori del corpo fisico e anche di quello eterico, è esattamente inserita in elementi scenici costruiti con quelle immagini. Queste immagini non sono scelte arbitrarie, ma sono effettivamente il vero ambiente dell’anima nel mondo spirituale. Le cose non stanno quindi più o meno come se i quadri quinto e sesto del Risveglio delle anime fossero stati realizzati perché si doveva presentare qualcosa di un mondo ignoto e allora si è pensato a come poterlo esprimere; in realtà quel mondo è come l’anima lo ha intorno a sé, e in certo modo solamente lo configura.

Ora è però necessario che l’anima divenuta chiaroveggente si guadagni per la regione dello spirito, per il mondo dello spirito, il giusto rapporto verso la realtà vera, che non ha nulla in comune col mondo sensibile.
Ci si può fare un’idea del rapporto che l’anima si deve guadagnare verso il mondo spirituale, cercando di caratterizzare il modo in cui l’anima ha da intendere tale mondo spirituale. Immaginiamo di aprire un libro. In alto si trova un tratto obliquo da sinistra in alto verso destra in basso, poi un altro tratto obliquo da sinistra in basso verso destra in alto; poi viene un segno verticale con un puntino in cima, poi di nuovo i due tratti obliqui e infine un segno con un cerchio in alto e sotto un semicerchio. Certo non si procede così, quando si apre un libro e si considera il primo segno che vi si trova, ma si legge la parola: vive.* Non si descrive la v come righe e la e come un cerchio sopra e sotto un semicerchio, ma si legge: vive. (Del tedesco l’esempio è fatto con la parola Wenn)

Quando si considerano le forme delle lettere che ci stanno davanti, non si stabilisce un rapporto con qualcosa che è sulla pagina del libro, ma con qualcosa cui allude ciò che si trova sulle pagine del libro.

Le cose stanno in effetti così anche nel rapporto dell’anima verso l’intero mondo d’immagini della regione dello spirito. Quel che vi si ha da fare non è solo una descrizione di ciò che vi è, ma va piuttosto paragonato con la lettura: le immagini che si hanno di fronte sono in fondo una scrittura cosmica; e si ha il giusto atteggiamento d’anima verso di essa, se ci si pone in modo da sentire che nelle immagini davanti a sé si ha una scrittura cosmica, che le immagini significano e trasmettono la realtà del mondo spirituale, davanti al quale tutto quel mondo di immagini è stato intessuto. Per questo si deve parlare in senso puro e vero di una lettura della scrittura cosmica, nella regione dello spirito.

Non è però consentito ritenere che il leggere la scrittura cosmica sia da imparare come il leggere nel mondo fisico. Il leggere nel mondo fisico si basa più o meno, almeno oggi – ma ai primordi dell’umanità non era così – sul rapporto fra i segni arbitrari e ciò che essi significano. Imparare a leggere come lo si fa con i nostri segni arbitrari, non è necessario nei confronti della scrittura cosmica; essa si presenta all’anima divenuta chiaroveggente come un poderoso quadro, espressione della regione dello spirito. Si devono invece solo accogliere senza pregiudizi e con anima ricettiva gli elementi scenici che si presentano in immagini, perché quel che vi si sperimenta è già la lettura, quelle immagini emanano per così dire da sé il loro senso. Ne può facilmente derivare che una specie di commento, di interpretazione delle immagini del mondo spirituale in idee astratte, anziché un sostegno nella lettura sia un impedimento per l’anima a dirigersi direttamente verso ciò che si trova dietro la scrittura occulta. In cose del genere, nel mio libro Teosofia e anche nei quadri del Risveglio delle anime, occorre lasciar agire le cose su di sé senza preconcetti. Insieme alle forze più profonde che a volte vengono a coscienza come ombre, si sperimenta già il riferimento al mondo spirituale. Per accogliere questo riferimento al mondo spirituale, lo si intenda bene con l’occhio dell’anima: non occorre neppure tendere alla chiaroveggenza, ma solo afferrare le immagini, avere per esse un’anima aperta, ricettiva, non avvicinarsi alla cosa con uno spirito rozzamente materialistico dicendo: tutto questo è una sciocchezza, non esiste proprio!
Un’anima ricettiva, che si affidi al corso di queste immagini, impara certo a leggerle. Attraverso la dedizione dell’anima a queste immagini si viene a creare la comprensione che dovrebbe essere cercata per il mondo dello spirito. E dato che quel che ho detto è veramente così, dall’attuale visione materialistica del mondo scaturiscono numerose obiezioni contro la scienza dello spirito.

In fondo tali obiezioni sono da un lato molto ovvie, dall’altro possono essere molto argute e in apparenza straordinariamente logiche. Si può dire – ed è un’obiezione anche giustificata, se ad esempio si è un Ferdinando Reinecke,* che è così strafurbo da non venir considerato tale solo dagli uomini ma anche e giustamente da Arimane -, si può quindi dire: “Voi ci descrivete la coscienza chiaroveggente, parlate del mondo spirituale e lo componete tutto solo col materiale delle rappresentazioni sensibili, voi riunite solo materiale di rappresentazioni sensibili! Come potete affermare, dato che veramente componete gli elementi scenici solo con immagini sensibili note, che così si dovrebbe sperimentare qualcosa di nuovo, qualcosa che altrimenti non si sperimenta se non avvicinandosi al mondo spirituale?”

È un’obiezione che deve incantare molti e che, si potrebbe dire, da parte della coscienza del presente viene fatta con un certo apparente, eppure pieno, diritto. Tuttavia, se ci si approfondisce in tali obiezioni alla Ferdinando Reinecke, è giusto dire che un’obiezione del genere sarebbe proprio uguale a quella che potrebbe fare una persona nel dire a uno cui è appena arrivata una lettera: “Sì, vedi, ti è arrivata una lettera, ma non ci vedo altro che caratteri dell’alfabeto e parole che conosco da gran tempo; come vuoi apprendere qualcosa di nuovo da questa lettera? Potrai saperne solo qualcosa che conosciamo da gran tempo!” Attraverso quel che conosciamo da gran tempo, secondo i casi, sperimentiamo tuttavia qualcosa di cui non ci saremmo neppure sognati. Così è anche per le immagini che non compaiono solo nella rappresenta-zione, ma che si manifestano dappertutto alla coscienza chiaroveggente. Sotto un certo aspetto sono composte da remini-sorte del mondo sensibile, ma, nel proporsi come scrittura cosmica, rappresentano quel che l’uomo non può sperimentare entro il mondo sensibile e neppure entro quello elementare. Va sempre sottolineato che questo rapportarsi al mondo spirituale deve essere paragonato a una lettura e non a una osservazione diretta.

Quindi, mentre l’uomo terreno divenuto chiaroveggente deve comprendere le cose e gli avvenimenti del mondo fisico-sensibile, se vuole avere con esse un rapporto da anima sana, in modo da osservarle e descriverle il più fedelmente possibile, diversa è la relazione col mondo dello spirito. Ora, appena oltrepassata la soglia verso il mondo spirituale, si ha a che fare con qualcosa di paragonabile a una lettura. Considerando ciò che del mondo dello spirito deve esser conosciuto per la vita umana, vi è tuttavia ancora dell’altro che può contrastare le obiezioni di un Ferdinando Reinecke. Obiezioni del genere non sono da prendere alla leggera; se si vuol capire la scienza dello spirito nel modo giusto, ci si deve confrontare con queste obiezioni. Occorre riflettere sul fatto che spesso gli uomini del presente non possono proprio fare a meno di sollevare obiezioni del genere, perché tutta la vita di pensiero, le abitudini di pensiero degli uomini del presente sono tali che per timidezza o per timore di stare davanti al nulla, se sentono parlare del mondo spirituale semplicemente lo negano. Ci si può fare buoni concetti sul rapporto degli uomini del presente verso il mondo spirituale, se si considera quel che ne pensano gli uomini che sotto un certo aspetto ne hanno in effetti una buona opinione.

Nella letteratura contemporanea è apparso recentemente un libro che merita di essere letto anche da chi già abbia una reale comprensione per il mondo spirituale: proviene da un uomo effettivamente ben intenzionato, Maurice Maeterlinck,* che vorrebbe formarsi molto volentieri una specie di conoscenza del mondo spirituale. Il libro è intitolato La mort, ed è scritto da un uomo che nei primi capitoli mostra di voler capire qualcosa di questi problemi. Dato che sappiamo che, in certo modo, si tratta di uno spirito di grande finezza, che tra l’altro si è fatto ispirare da Novalis e che in certo modo si è appropriato del romanticismo mistico, avendo fatto egli stesso alcune cose molto interessanti, teoriche e artistiche, sul rapporto dell’uomo verso il mondo soprasensi-bile, proprio per questo il suo esempio è particolarmente interessante. Nei capitoli de La mort di Maurice Maeterlinck, in cui egli giunge a parlare del rapporto vero e proprio dell’uomo verso il mondo spirituale, il libro diviene del tutto assurdo. E interessante che diventi assurdo un uomo di buone intenzioni che opera con le abitudini di pensiero del presente. Non lo dico per esprimere una critica negativa, ma per caratterizzare obiettivamente il fatto che un uomo del genere di buone intenzioni diventa assurdo quando vuol prendere in considerazione il rapporto dell’anima umana verso il mondo dello spirito. Infatti Maurice Maeterlinck non può farsi alcuna idea circa l’esistenza di una possibilità di rafforzare e rinvigorire l’anima umana tanto da potersi lasciare alle spalle tutto quanto può entrare in essa con l’osservazione sensibile e il pensare, sentire e volere abituali sul piano fisico, e persino ancora nel mondo elementare. Per spiriti come Maurice Maeterlinck, se l’anima si lascia alle spalle tutto quanto comporta la percezione sensoria e il pensare, il sentire e il volere a lei connessi, non rimane semplicemente più niente. Nel libro citato, Maurice Maeterlinck chiede quindi prove del mondo spirituale e dei suoi fatti. Naturalmente è del tutto giustificato desiderare prove del mondo spirituale. Se ne ha pieno diritto. Ma non si possono pretendere come fa Maurice Maeterlinck. Egli accetterebbe prove altrettanto tangibili quanto quelle per il piano fisico, secondo il modello della scienza. Dato poi che nel mondo elementare le cose ricordano ancora il mondo fisico, accetterebbe ancora di farsi provare, con esperimenti imitati da quelli fisici, che le cose del mondo spirituale esistano. Questo egli pretende. Ma così mostra appunto di non avere la minima comprensione per il vero mondo spirituale. Egli pretende infatti di provare cose e avvenimenti che nulla hanno delle cose e degli avvenimenti del mondo fisico, con i mezzi presi in prestito dal mondo fisico. Si avrebbe piuttosto il compito di mostrare che prove come quelle pretese da Maurice Maeterlinck sono appunto impossibili per il mondo spirituale.

Devo sempre paragonare una pretesa come quella di Maurice Macterlink a qualcosa avvenuto in matematica.

Fino a poco tempo fa molte facoltà universitarie continuavano a ricevere monografie sulla cosiddetta quadratura del cerchio. Ovvero si cercava di provare geometricamente come si possa trasformare un cerchio in un quadrato. Vennero scritte innumerevoli trattazioni matematiche sull’argomento, redatte con prove matematiche. Oggi è considerato dilettante chiunque voglia ancora tentare qualcosa del genere, in quanto è provato che la quadratura del cerchio non è effet-tuabile, non è possibile con mezzi geometrici. Quel che Maurice Materlinck esige come prova del mondo spirituale, non è altro che la quadratura del cerchio trasposta nella regione spirituale, ed è altrettanto fuori luogo per il mondo spirituale quanto per la matematica la quadratura del cer-chio. Che cosa pretende in fondo Maurice Maeterlinck?

Sapendo che, appena oltrepassata la soglia del mondo spirituale, si vive in un mondo che nulla ha in comune col mondo fisico e anche elementare, non si può dire: “Se vuoi provare qualcosa, ritorna per piacere nel mondo fisico e provami qui le cose dell’altro, del mondo spirituale!” Occorre sapere che le cose della scienza dello spirito appaiono subito assurdità se, da parte di persone le meglio intenzionate, le si vuole trasporre nella vita comune. È come se qualcuno dicesse che ci si deve mettere a testa in giù e tuttavia camminare con le gambe. Chiunque considererebbe una sciocchezza pretrenderlo. Se lo si fa riguardo alle prove del mondo spirituale,allora appare geniale, appare un’esigenza scientifica, e meno di tutti se ne accorgono l’autore e i suoi sostenitori, specialmente se si tratta di un autore famoso. L’errore totale di esigenze del genere si presenta appunto perché le persone che le pretendono non si sono mai chiarite il rapporto dell’uomo verso il mondo spirituale.

Se, grazie alla coscienza chiaroveggente, si hanno rappresentazioni che si possono acquisire solo dal mondo spirituale, esse naturalmente possono essere molto contestate da tipi come Ferdinando Reinecke. Tutte le idee che dobbiamo acquisire sulla cosiddetta reincarnazione, sulle ripetute vite terrene, cioè i veri e propri ricordi di precedenti vite terrene, si possono ottenere solo col comportamento dell’anima che è appunto necessario verso il mondo spirituale. Le si può ottenere solo dal mondo spirituale. Se si hanno nell’anima impressioni, immagini che rimandano a precedenti vite ter-rene, esse saranno esposte in particolar modo agli avversari nei nostri tempi. Non voglio negare sin dall’inizio che ovviamente proprio in questo campo vengano asserite le peggiori stupidaggini, dato che parecchia gente ha strane impressioni e le riferisce a determinate precedenti incarnazioni. Non sarà così difficile per l’avversario dire: confluiscono nella tua vita dell’anima immagini di esperienze avute tra la nascita e la morte, solo che tu non le riconosci come tali.

Questo, bisogna ammetterlo, può essere così in centinaia e centinaia di casi. Si deve solo chiarire che il ricercatore spirituale deve conoscere bene queste cose. Può accadere senz’altro che qualcuno sperimenti qualcosa nell’infanzia o nella giovinezza, e che più tardi nella vita ciò che aveva sperimentato si ripresenti alla coscienza in una metamorfosi totale.
Può darsi che egli non lo riconosca e che lo ritenga una reminiscenza di precedenti vite terrene. Può succedere. La scienza dello spirito sa quanto ciò possa avvenire con facilità. I ricordi non si formano solo su quel che si è sperimentato chiaramente: si può avere un’esperienza che scivola via senza che la si porti in tutta chiarezza a coscienza mentre la si spe rimela sa, e uttavia essa può resentarsi più tardi come ricot-dine a quel punto essere chiara. Se allora non si è abbastanza critici, si giurerà di avere nell’anima qualcosa che non si è mai sperimentato nella vita attuale. Poiché è così, è comprensibile che con impressioni del genere vengano combinate tante sciocchezze da chi si occupa di scienza spirituale con insufficiente serietà. Questo può avvenire proprio riguardo all’insegnamento della reincarnazione, in quanto connessa con la reincarnazione vi è tanta presunzione, tanta ambizione umana. Da tanti è molto ambito esser stati in una precedente incarnazione Giulio Cesare o Maria Antonietta. Io potrei citare, ad esempio, venticinque o ventisei Marie Maddalene reincarnate in cui mi sono imbattuto nella vita! Vi agiscono talmente tanti fattori, che il ricercatore spirituale non ha alcun motivo di porre la propria attenzione sulle sciocchezze che vengono compiute al riguardo. Si deve però sottolineare qualcos’altro.

Se si hanno impressioni di precedenti vite terrene, nella vera chiaroveggenza esse si presentano in un modo, con una caratteristica – se l’anima chiaroveggente è appunto sana – da poter riconoscere poi con molta chiarezza e senza equivoci che non si tratta di qualcosa che proviene dalla vita attuale tra la nascita e la morte. Queste reminiscenze, questi ricordi veri e puri della giusta chiaroveggenza riguardanti precedenti incarnazioni sulla Terra hanno piuttosto qualcosa di sorprendente e che colpisce, e non si può pensare che l’anima li estragga dalle sue profondità con i mezzi per lei possibili umanamente, se prende in aiuto ciò che non solo ha nella coscienza, ma anche nelle sue inconsce profondità. In quanto scienziati dello spirito, si deve conoscere ciò a cui un’anima può pervenire da fuori secondo le sue esperienze. Non saranno solo i desideri, le brame ad avere grande importanza, quando da ignoti flutti dell’anima vengono estratte impressioni in una forma metamorfosata vengono estra riconoscerle come esperienze della vita attuale; molte altre cose risultano coinvolte. Per lo più, le impressioni sconvolgenti che provengono da precedenti vite terrene si possono distinguere con facilità da quelle provenienti dalla vita attuale. Un esempio: se qualcuno ha una vera impressione da una vita precedente, gli avverrà di sperimentare interiormente, come emergente dai flutti dell’anima: “Nella vita precedente tu eri questo e quest’altro”. Sarà poi chiaro che nel momento in cui l’impressione si avvicina, di questa conoscenza non si saprà esteriormente che farsene nel mondo fisico. Essa può condurre avanti nell’evoluzione, ma di regola si mostra in modo da far dire: nella precedente incarnazione ti era stata data in dote questa capacità. Quando però si ha una tale impressio-ne, si è già in un’età da non poter fare più nulla di quello che si era stati nella precedente incarnazione. Ci saranno sempre circostanze del genere a mostrarci che quelle impressioni non possono provenire da ciò a cui si può arrivare partendo dalla vita attuale. Infatti, se derivassero dal comune sogno, ci si attribuirebbe ben altre caratteristiche per una vita precedente. In genere non si fanno sogni di come si era nella precedente incarnazione. Di solito è tutto diverso da come si pensa. Se si ha l’impressione di aver avuto un dato rapporto con un uomo terreno, mentre nella vera chiaroveggenza questo emerge come una giusta e reale impressione di una precedente vita terrena, naturalmente si deve anche stare attenti perché nella chiaroveggenza non giusta vengono descritte molte incarnazioni precedenti riferite ad amici e nemici che sono ora attorno a noi. Per lo più sono sciocchezze. Quando si ha un’impressione davvero giusta, risulta che si è connessi con qualcuno a cui non si può arrivare, e che è impossibile utilizzare queste cose per la vita pratica immediata.

Di fronte a impressioni del genere occorre anche sviluppare lo stato d’animo necessario per la coscienza chiaroveggente. Naturalmente, avendo l’impressione di quale sia il rapporto verso una persona, bisogna che si verifichino le cose date da quell’impressione. Attraverso di essa si deve tornare ad avere un rapporto con quella persona, e ciò può avvenire in una seconda o terza vita terrena. Si deve avere lo stato d’animo di aspettare serenamente, uno stato d’animo che si può definire come reale quiete interiore dell’anima, pace dello spirito. Tutto questo è necessario per un giusto giudizio su ciò che si sperimenta nel mondo spirituale.

Se si vuole avere notizia di qualcuno nel mondo fisico, si fa qualcosa che si ritiene necessario allo scopo. Non si può fare lo stesso con l’impressione di pace dello spirito, di quiete dell’anima, col poter attendere. Si fa una descrizione assolutamente giustificata della condizione dell’anima di fronte alle impressioni del mondo spirituale, se si dice:

“Non aspirare a nulla, esser solo calmo e pieno di pace, tutto aspettazione dell’intimo essere dell’anima…..*

In un certo riguardo questo atteggiamento deve riversarsi su tutta la vita dell’anima, se le esperienze del mondo dello spirito si devono accostare nel modo giusto all’anima chiaroveggente.

Ma i Reinecke non sono sempre facili da controbattere, neppure nel caso in cui nell’anima si presentino impressioni delle quali si possa dire: “Non è umanamente possibile che l’anima possa rappresentarsi, con le forze e le abitudini acquisite nell’attuale vita terrena, quel che ora emerge dai flutti dell’anima; se al contrario dipendesse da lei, si rappresenterebbe qualcos’altro” 

Anche se si può dire così, ed è un segno di riconoscimento sicuro per le impressioni vere e pure provenienti dal mondo spirituale, può sempre venire un Reinecke superfur-bo e obiettare qualcosa. Nella scienza dello spirito, di fronte alle obiezioni di chi ne è lontano e degli avversari che non ne vogliono sapere nulla, si deve senz’altro essere in grado di non dire: «L’essere intimo dell’anima tutto attesa». 

Questo è il giusto atteggiamento di fronte al mondo spirituale; però rispetto alle obiezioni degli avversari non ci si dovrebbe aspettare nulla, proprio in quanto ricercatori dello spirito, ma farsi da sé tutte queste obiezioni in modo da sapere quali possano essere. Ecco, ad esempio, un’obiezione dei giorni nostri che viene realmente fatta anche nei libri di psicologia, psicopatologia, fisiologia, in scritti a volte dotti e che si reputano scientifici; ecco l’obiezione: “La vita dell’anima è certo complicata, e nelle sue profondità vi sono molte cose che non salgono alla coscienza”.

Volendo oggi essere super astuti, non si dice solo che i desideri, le brame portano in superficie molte cose che si trovano nascoste nel fluttuare dell’anima, ma anche che la vita dell’anima, sperimentando qualcosa, sperimenta segretamente una specie di ribellione, di opposizione contro quel che essa sperimenta. Di tale opposizione, che si sperimenta sem-pre, di regola non si sa nulla, ma in seguito essa può salire dalle regioni inferiori a quelle superiori della vita dell’anima. Nei libri di psicologia, psicopatologia e fisiologia, dato che non si possono negare i fatti, si ammettono parecchie cose come, ad esempio, questa: se un’anima è proprio innamorata di un’altra, non può fare a meno di sviluppare nelle sue profondità inconsce, accanto all’innamoramento consapevole, una terribile antipatia contro l’anima amata. È conforme alla posizione di alcuni psicopatologi dire che se si ama davvero, nelle profondità dell’anima vi è odio, che viene solo soverchiato dal desiderio di amore, ma è pur presente.

Le cose che salgono dalle profondità dell’anima, dicono i Reinecke, sono impressioni che possono con facilità lasciare l’illusione di non poter avere sede nell’anima sperimentata individualmente; tuttavia possono avervi sede, dato che la vita dell’anima è complicata, dicono i Reinecke. Comunque si può sempre dire: certo, questo lo sa il ricercatore dello spirito tanto quanto lo psicologo, lo psicopatologo o il fisiologo di oggi. Ha profonde radici nella coscienza materialistica del nostro tempo, fare obiezioni del genere. Scorrendo i testi delle discipline citate, che trattano appunto della vita dell’anima, di ciò che è sano e malato, si ha oggi l’esperienza, l’impressione che i Reinecke siano figure realistiche che si possono trovare dappertutto e che sono molto significative per il presente. Ferdinando Reinecke non è un’invenzione. Se si passano in rassegna pagina per pagina quegli scritti, oggi così numerosi, se si sfogliano le pagine qua e là, si ha l’impressione che spunti fuori dappertutto la singolare faccia di Ferdinando Reinecke. Lo si trova ovunque nella scienza odierna.

Sull’altro versante bisogna comunque sempre sottolineare, e io non esito a farlo, e ripetere sempre che la prova che qualcosa non sia fantasia, ma realtà, deve essere trovata nella vita. Devo sempre dire: l’asserzione della filosofia di Schopenhauer, che il mondo sia solo rappresentazione e che non si possa distinguere la rappresentazione dalla vera percezione, può essere confutata solo dalla vita. Altrettanto è per l’asserto kantiano contro la cosiddetta prova di Dio, e cioè che cento talleri potenziali contengono altrettanti centesimi quanti cento reali:* verrebbe confutato da chi volesse pagare il proprio debito con talleri potenziali e non reali. Così va preso nella sua realtà quello che si chiama il prepararsi, l’immedesimarsi dell’anima nella chiaroveggenza. Qui non si teorizza solo, qui ci si appropria di una vita attraverso cui, nella regione dello spirito, si distingue altrettanto chiaramente un’impressione reale di una vita terrena precedente, da una che non lo è, così come si distingue un ferro rovente appoggiato alla pelle, da uno solo immaginario. Riflettendoci su, sarà anche chiaro che le obiezioni di Ferdinando Reinecke in questo campo in effetti non vogliono dire proprio nulla, perché provengono da persone che non solo non sono entrate chiaroveggentemente nella regione dello spirito, ma che non l’hanno mai compresa.

In definitiva bisogna quindi considerare che, oltrepassando la soglia del mondo spirituale, si entra in una regione del mondo che non ha più nulla in comune con quanto i sensi possono percepire e con quanto si può sperimentare nel mondo fisico volendo, pensando e sentendo (79)

Ci si deve avvicinare alle caratteristiche del mondo spirituale anche in altro modo. Ci si deve dire: quale che sia il modo o la via di sperimentare e di osservare nel mondo fisi-co-sensibile, lo si deve lasciare alle spalle. Per quanto riguarda la percezione del mondo elementare ho usato un’immagine in apparenza del tutto grottesca: infilare la testa in un for-micaio. E effettivamente così per la coscienza nel mondo elementare. Là non si ha a che fare con pensieri che sopportano tutto, che si sopportano passivamente, ma si infila la coscienza in un mondo, in un mondo di pensieri, se lo si vuole chiamare così, che solletica e formicola, che ha una vita propria.

Per questo ci si deve mantenere ben saldi nell’anima contro i pensieri in movimento. Ma nel mondo elementare, in quello spazio di pensieri che solleticano e formicolano, vi è ancora qualcosa che ricorda il mondo fisico. Quando poi si entra nel mondo spirituale, non vi è più nulla che ricordi il mondo fisico, ma ci si abitua a un mondo (voglio utilizzare l’espressione che userò anche nello scritto La soglia del mondo spirituale) di esseri viventi di pensiero. Nel mondo spirituale si trova ciò di cui nel mondo fisico-sensibile, quando si pensa, si ha solo immagine d’ombra, ombra di pensiero, si trova la sostanza di pensiero di cui constano gli esseri in cui ci si riversa. Come il mondo fisico-sensibile consiste di carne e sangue, così gli esseri nel mondo spirituale consistono di sostanza di pensiero. Sono pensieri, nient’altro che puri pen-sieri, ma pensieri viventi, con un’entità interiore, sono esseri viventi di pensiero. Per questo gli esseri viventi di pensiero in cui ci si riversa, non possono compiere azioni così come si fa con le mani fisiche. Le azioni che questi esseri compiono, che causano un rapporto di un essere verso l’altro, si possono paragonare per il mondo spirituale solo con le deboli immagini riflesse che esistono nel mondo sensibile: l’incarnazione dei pensieri nel parlare. Si entra nel mondo spirituale, si sperimentano esseri viventi di pensiero, e tutto quel che fanno, che sono, il modo in cui interagiscono, configura un dialogo di spiriti. Uno spirito parla all’altro, e nella sfera dello spirito si parla un linguaggio di pensieri; non è però solo un linguaggio: nel suo insieme rappresenta i fatti del mondo spiri-tuale. Parlando, quegli esseri agiscono, fanno, operano.

Oltrepassando la soglia del mondo spirituale, ci si inoltra in un mondo in cui i pensieri sono esseri e gli esseri sono pensieri, ma in quanto esseri sono là molto più reali degli uomini in carne ed ossa del mondo sensibile. Ci si inoltra in un mondo in cui l’agire consiste nel dialogare in spirito, in cui le parole si muovono nelle due direzioni e in cui avviene qualcosa nel momento in cui sono pronunciate. Per quanto concerne quel mondo e i suoi avvenimenti, bisogna quindi dire quel che viene detto nel terzo quadro del Guardiano della soglia:*

In questo luogo le parole sono azioni e ulteriori azioni devono seguirle.

Ogni percezione occulta, tutto quello che gli iniziati di ogni tempo fecero per l’umanità, osservava in una certa regione che cosa significasse il dialogo di spiriti che è al contempo azione di spiriti. Con un’espressione caratteristica, venne chiamata parola cosmica.

Con la nostra esposizione ci troviamo così direttamente nel mondo dello spirito, osserviamo le entità e le azioni delle entita. Quel che le unisce è la parola cosmica a più voci, a più suoni, ricca di più azioni, in cui ci si riversa in suono con la propria entità animica, essa stessa parola cosmica, tanto da compiere noi stessi azioni entro il mondo spirituale. L’espressione parola cosmica, usata in tutti i tempi e da tutti i popoli, esprime senz’altro una vera realtà del mondo dello spirito. Ai nostri tempi si può capire che cosa si vuol dire con parola cosmica solo se ci si avvicina, nel modo tentato in questa conferenza, ai fatti caratteristici del mondo spirituale.

Come negli occultismi dei diversi tempi e popoli si è parlato in maniera più o meno comprensibile della parola cosmica, così anche per i nostri tempi, affinché l’umanità non inaridisca a causa del materialismo, è necessario acquisire una comprensione per parole come quelle che vengono pronunciate in riferimento al mondo dello spirito:

In questo luogo le parole sono azioni, e ulteriori azioni devono seguirle.

E necessario per i nostri tempi che le anime percepiscano realtà, rappresentazioni di realtà, quando vengono pronunciate parole del genere movendo dalla conoscenza del mondo spirituale. Si deve sapere sino a che punto ciò sia una caratteristica del mondo spirituale, come quando si usano le rappresentazioni abituali sensibili per caratterizzare il mondo fisico-sensibile.

Da quanto i nostri tempi riusciranno ad andare incontro con comprensione alle parole: «In questo luogo le parole sono azioni, e ulteriori azioni devono seguirle», dipenderà come i nostri tempi accoglieranno la scienza dello spirito, e come gli uomini di oggi saranno pronti ad evitare che la civiltà umana, attraverso il materialismo che comunque deve dominare, non sprofondi sempre più nell’inaridimento, nell’impoverimento, nella decadenza.

IoArgentoVivo

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