Scrive in questi giorni, un’insegnate anonima/o di un liceo pubblico davanti all’annuncio dell’obbligo della didattica a distanza definitiva per le scuole superiori:
“Mi domando con quale faccia e con quali parole io domani debba rivolgermi ai miei studenti.
Dovrei incoraggiarli, rassicurarli, ribadire che tutto andrà bene, ma so che per prima cosa i miei studenti meritano la mia sincerità e specialmente la verità.
E la verità è che la scuola è finita, e non solo per quest’anno, perché la Didattica a distanza ha già largamente dimostrato le sue vacuità ed evanescenza assolute, ma perché è finita per sempre!
In questo paese di politici ignoranti, inconcludenti, privi di senso civico e senza una prospettiva sul futuro, la scuola è semplicemente morta e con lei l’Italia.
Uno stato che non investe e non difende con il coltello tra i denti la scuola è una nazione che non ha speranza, una nazione destinata a diventare serva, misera e becera.
In Italia la cultura è ormai considerata da un decennio un passatempo inutile, un hobby per pochi, qualcosa che in realtà tutti hanno nello smartphone infilato nella tasca dei pantaloni.
A che serve studiare?
A che servono la fisica, il latino e l’italiano?
A niente.
E certo a niente servono in un luogo (non è che solo un luogo ormai per me)
e in un mondo in cui è richiesto soltanto di produrre, di crescere e di consumare.
La cultura!
Io faccio l’insegnante per coltivare nelle teste dei miei alunni – con grazia, cura e dedizione – la lungimiranza, la lentezza, la bellezza di un pensiero, la forza di una piccola parola bene usata, l’educazione incantevole di una poesia, la potenza misteriosa dell’amore, l’invincibilità del dubbio. Ma come si fa a resistere alla bruttezza, alla meschinità, alla falsità, senza la scuola? Senza quel posto meraviglioso in cui si compie il passaggio di consegna, dove noi diamo tutto quello che siamo a quelli che dopo di noi erediteranno tutto il passato che portiamo sulle spalle in una straordinaria staffetta contro il tempo?
Come farò senza i loro volti dubbiosi che mi guardano, senza il loro stupore felice di quando hanno afferrato il concetto, nel momento esatto in cui le mie parole sono andate dritte dritte al cuore e neanche mi pareva possibile; come faremo e faranno senza le nostre chiacchierate e le nostre risate, senza lo sforzo di capire e capirci reciprocamente, senza l’odore del caffè, senza le voci nei corridoi, senza l’odore, l’odore della scuola, dei libri, dello sbianchetto, del sudore, della carta, delle lacrime, delle scarpe da tennis…
Ditemi voi con quali parole dirò ai miei alunni che la scuola è finita, che sarà una farsa e che non interessa a nessuno tranne che a noi”..
Ed io integro dicendo:
Cara/o insegnate,
non è solo un problema italiano; la distruzione della scuola è di tutto il ‘mondo occidentale’ ove vive il progetto della globalizzazione.
Ove non esistono più peculiarità di popolo, di temperamento ma tutto è ‘liquido, ibrido, indefinito’.
Dal genere sessuale, alle radici di popolo, alla cultura.
Non tutti gli insegnanti sono come Lei.
Anzi, la maggior parte sono gente che manca del pur minimo grado di vocazione per un compito tanto elevato come il maestro, il professore.
E che entrano in classe senza alcun ideale ma solo in attesa che venga accreditato il salario a fine mese.
Rispetto a questi personaggi i ragazzi non si perdono nulla.
E dirò un’altra cosa
Con il manicomio che sono diventate le scuole,
meglio non vederla,
non toccarla con mano,
la distruzione non solo della didattica, ma anche sociale,
con liturgie assurde e traumatizzanti come
il distanziamento,
la ‘quarantena dei quaderni’,
i banchi singoli,
il bavaglio,
i tamponi e le sale coviddi
le ipocondrie e
le ossessioni.
Per non parlare degli ambienti che già non brillavano per calore e bellezza trasformati in capannoni industriali con segnaletica.
Penso, tutto sommato, in questo contesto di follia, stiano meglio a casa.
Tanto la scuola era già distrutta.
E vedo delle grandi possibilità di un rinascimento della scuola e della società in generale.
Ma si deve lasciar andare questo orrore che vogliono far passare per “nuova normalità” e generare, concepire, qualcosa di più peculiarmente Umano che non sia più la logica del profitto a qualsiasi costo, della disumanizzazione a vantaggio del cyborg che cucinerà al posto della mamma, della sostituzione digitale delle capacità umane impigrite dalle stampelle dei sensori per ogni cosa, dal parcheggio all’appuntamento col dentista. Del controllo dei pensieri e della manipolazione dei desideri atti alla mera soddisfazione dei sensi e del benessere immediato senza alcuna consapevolezza delle conseguenze del proprio agire, su se stessi o sull’ambiente. Imbambolati come cretini da qualsiasi lucciola scambiata per lanterna.