La “festa”dei morti

La festa dei morti. Che strana festa.
Negli ultimi anni, si è diffusa la moda esterofila ed abbastanza macabra di travestirsi – e travestire purtroppo anche i bambini – da esseri mostruosi a metà tra la vita e la decomposizione ed andare a festeggiare.
Ma perché mi domando, se poi per tutti la morte è tabù, qualcosa da scacciare, da odiare, da temere, da rifiutare. Forse perché una vocina flebilmente ma possentemente suggerisce un’altra possibilità?
Forse allora la festa diventa una sorta di esorcismo oppure una prova di forza, o forse un misurarsi in vita con quello che sicuramente tutti prima o poi dovremo vivere, ovvero la morte?
Forse una prova di coraggio come proiezione di una invicta vittoria sulla temibile Signora in Nero?
Ma perché non andare oltre questo, perché limitarsi a girare per feste di grandi o piccini conciati come il set di un film horror e nulla di più.
Perché non provare a domandarsi, cosa con quella gestualità, con quel festeggiamento, stiamo cercando o stiamo provando di dire a noi stessi?
La festa dei morti e quella dei santi hanno origini antichissime e che si tuffano nel desiderio di contatto tra mondo di coloro che sono in vita in un corpo fisico materiale e coloro che sono in vita senza un corpo fisico materiale. E che certamente non hanno quell’aspetto da film dell’orrore che assumono i mascherati alle feste.
Ma siccome tutto è simbolo come diceva Goethe, una parvenza di verità la avranno o no queste mascherate horror? Probabilmente si.
Ed allora dovremo andare a cercare le risposte proprio nel simbolo di una morte vista nei brandelli di pelle lasciati cadere dalle maschere o dai segni di gocce di sangue striscianti su incarnati verdastri od occhi ingialliti e spenti da un simulato rigor mortis.
Se nell’immaginario comune la morte è questo, ovvio che non si possa che desiderarne la debita distanza ed il suo festeggiamento rappresenti la soddisfazione di averla gabbata anche questa volta. Certo che messa giù così, è davvero dura da sopportare e per quanto la si possa esorcizzare nei festeggiamenti, il suo gelido soffio, continua sempre a spirarci accanto.
Eppure il festeggiamento di morti e santi non è cosa rara anzi è comune a probabilmente tutte le tradizioni popolari ed è li che bisogna andarne a cercare il significato. La festa, vicina all’equinozio, ci ricorda che il buio sta vincendo sulla luce e buio significa paura perché nel buio gli occhi non vedono e dunque i pericoli aumentano e con essi aumenta il rischio della morte ed ecco che il buio, il non visibile si assimila alla morte ed essendo il mondo degli Spiriti invisibile, l’equazione diventa che mondo dello spirito significa esser morti. Da li, il culto dei fantasmi.
Ma paura è frutto dell’ignoranza, del non spere, del non vedere e l’ignoranza è assenza di luce, ignorare ciò che non si vede. Il vedere illumina ciò che prima era in ombra, era buio. Se siamo innanzi ad una stanza buia, abbiamo paura ad entrarci perché potrebbero nascondere mille pericoli; ma basta accendere anche una candela ed il suo contenuto, rivelatocisi, smette di farci paura.

Dunque, all’avvicinarsi del buio stagionale, al diminuire della luce, gli uomini di tutti i tempi hanno sempre provato timore. Timore di non farcela a sopravvivere per la mancanza di provviste, per il freddo, per le intemperie, per il ritirarsi della generosità della terra che smette di donare i suoi frutti in maniera consistente proprio dall’autunno in poi.
Questo sentimento vive sicuramente nell’origine della festa dei morti. Il buio come rischio per la vita.
Il buio come trasformazione di ciò che fino a che c’era luce e calore mostrava bellezza e rigoglio e con il sopraggiungere del buio e del freddo si ritira nelle profondità dell’inesorabile rinuncia.
Così l’uomo antico, che non era distratto come noi da mille e mille accecanti luci effimere come il soffio che spegne un fiammifero, riusciva ad ascoltare la voce di quel buio, di quel silenzio e coglieva, nel passaggio tra luce e buio, il messaggio di una natura che rientrando nel grembo della Terra, non era morta, ma andava a lievitare nel suo caldo grembo preparandosi a rifiorire con il ritorno della luce primaverile.
Il buio, il suo avvicinarsi dunque, celebrava l’avvicinamento dell’invisibile, del mondo spirituale al mondo terreno. E questo momento ha la sua maggior forza tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre. Da ciò nasce il culto dei Santi nel primo cristianesimo, quando gli uomini erano ancora capaci di sentire la presenza dei trapassati nel mondo del buio, dell’invisibile. Presenza di uomini Santi, uomini eccelsi in vita e dunque in morte e dunque capaci di aiutare ancora, anche se dall’altra parte, gli uomini rimasti qui. Questo divenne la festa di “Ognissanti“, ma era preceduta, il giorno prima, dalla celebrazione di altri morti, quelli non santi. Quelli non così eccelsi in vita, anzi magari che in vita erano stati tutt’altro che eccelsi ed anche forse brutte persone tanto da rappresentarle come mascherate orribili. Ed è questo uno dei simboli che dobbiamo leggere nelle maschere orrorifiche di questa festa. Se già partissimo da considerazioni come queste, potremmo andare oltre il fenomeno delle feste horror carnevalesche e cercare anche in qualcosa di apparentemente materialista, un significato che possa aiutarci ad evolvere il nostro stato di coscienza.

E da questo ‘festeggiamento’ del mondo del buio ha inizio un periodo magico per l’interiorità umana, ha inizio un percorso che condurrà l’anima umana che lo vorrà, fino al Natale…
Il Natale rappresenta cosmicamente la rinascita dello Spirito nel grembo dell’anima cosciente e tale passaggio inizia proprio durante il periodo dei “morti” nel quale già anticamente si accendevano fuochi e costruivano lanterne come simbolo dell’accensione di una luce più intima, come un seme deposto nel cuore della terra, dentro casa, cioè nell’anima, affinché nel momento più buio dell’anno, come nell’utero materno in un calore che è solo interno, si ridestasse la coscienza dell’IO per arrivare a nascere appunto all’inizio dell’inverno col Natale, padre e madre dell’IO.

IoArgentoVivo

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