Lo spirito nel mondo spirituale dopo la morte

Quando nel suo cammino tra due incarnazioni lo spirito umano ha percorso il “mondo delle anime”, entra nella “regione degli spiriti, per rimanervi finché sia maturo per una nuova esistenza corporea.
Il senso di tale permanenza nel “mondo spiri-cuale si comprenderà solo se ci si possa spiegare giustamente il compito del pelegrinaggio umano attraverso le incarnazioni. Durante l’incarnazione nel corpo fisico l’uomo opera e crea nel mondo fisico, e vi opera e crea quale essere spirituale.
Imprime alle forme fisiche, alle sostanze e forze corporee ciò che il sue spirito escogita e sviluppa. Quale MESSO DEL MOMDO SPIRITUALE deve dunque incorporare lo spirito nel mondo fisico.
Solo incarnandosi l’uomo può agire nel mondo corporeo; deve assumere il corpo fisico quale strumento per poter agire sul mondo corporeo attraverso l’elemento corporeo, e perché il mondo corporeo possa agire su di lui.

E lo SPIRITO che agisce attraverso la corporeità fisica umana.
Da esso muovono gli INTENTI, le DIRETTIVE dell’azione nel mondo fisico.

Finché lo spirito agisce in un corpo fisico, non può esplicarsi come spirito nella sua vera figura.
Può solo trasparire attraverso il VELO dell’esistenza fisica.

La vita del PENSIERO umano è PARTE in realtà del mondo spirituale, e quale si manifesta nell’esistenza fisica, la sua VERA figura è velata.

Si può anche dire che
la vita del pensiero dell’uomo fisico sia un’ombra, un riflesso della vera entità spirituale di cui è parte.

Durante la vita fisica lo spirito entra così mediante il corpo in reciprocità di azione col mondo corporeo terrestre. Sebbene uno dei compiti dello spirito umano, finché passa d’incarnazione in incarnazione, sia appunto di agire sulla corporeità fisica, esso non potrebbe assolverlo convenientemente se vivesse soltanto nell’esistenza corporea, poiché gli intenti e gli scopi del compito terrestre non vengono ideati e preparati durante l’incarnazione corporea, come non lo è il progetto di una casa nel cantiere dove lavorano gli operai. Come il progetto è elaborato nello studio dell’architetto, così le mete e gli intenti del lavoro terreno lo sono nel mondo dello spirito.
Lo spirito umano deve sempre tornare a vivere in quel mondo fra due incarnazioni per poter riprendere il lavoro nella vita fisica armato di tutti gli elementi che trae da là.

Come l’architetto, senza maneggiare mattoni e calce, prepara nel suo studio il progetto secondo le leggi dell’arte edilizia ed altre, cosi l’architetto dell’operare umano, lo spirito o sé superiore, deve elaborare nel “mondo dello spirito”, secondo le leggi di esso, le facoltà e gli scopi per trasportarli poi nel mondo fisico. 
Solo ritornando sempre a trattenersi nella propria sfera, lo spirito umano arriva a poter portare la spiritualità nel mondo terreno anche attraverso gli strumenti fisici corporei.
Sulla scena fisica l’uomo impara a conoscere le proprietà e le forze del mondo fisico. Mentre vi lavora, raccoglie esperienze intorno alle condizioni poste da quel mondo a chi voglia svolgervi la sua attività. Impara per così dire a conoscere le proprietà della materia in cui vuol incorporare i suoi pensieri e le sue idee. Non può attingere dalla materia le idee e i pensieri stessi. Così il mondo terreno è insieme campo di lavoro e di apprendimento.

Nel “mondo spirituale” ciò che così si è appreso si trasforma in vivente facoltà dello spirito.
Per maggior chiarezza si può continuare il paragone di prima. 
L’architetto elabora il progetto di una casa che viene eseguito. L’architetto vi fa una somma di svariate esperienze. Tutte quelle esperienze accrescono le sue fa-coltà. Quando farà un altro progetto, esse fluiranno nel suo lavoro. Rispetto al primo, il nuovo progetto apparirà arricchito di tutto ciò che avrà appreso dal precedente.
Lo stesso avviene riguardo alle successive vite umane. Negli intervalli tra le incarnazioni lo spirito vive nella propria sfera. Può abbandonarsi del tutto alle esigenze della vita spirituale; liberato dalla corporeità, si evolve in ogni direzione e accoglie in sé i frutti delle esperienze delle vite precedenti.
Il suo sguardo rimane così sempre rivolto alla scena dei compiti terreni, ed egli è sempre intento a seguire la terra, suo campo di lavoro, attraverso la necessaria evoluzione che essa percorre. Lavora su se stesso per poter portare in ogni nuova incarnazione il suo contributo conformemente alle mutate condizioni terrene.

Tutto ciò è naturalmente solo un quadro generale delle successive vite terrene. La realtà non concorderà mai del tutto, ma solo più o meno con questo quadro. 
Circostanze speciali possono far sì che una vita umana riesca molto più in perfetta di una precedente. Nell’insieme tali irregolarità vengono entro certi limiti pareggiate nel susseguirsi delle vite. 

La “Formazione” dello spirito

La formazione dello spirito nel “mondo spirituale” si compie in quanto l’uomo attraversa le diverse regioni, adattandovisi. La sua vita si fonde man mano con ognuna di esse ed egli ne assume temporaneamente le qualità. Esse lo compenetrano della loro essenza affinché egli possa agire sulla terra arricchito della loro forza.

LA PRIMA REGIONE

Nella prima regione del “mondo spirituale” l’uomo è circondato dagli archetipi spirituali delle cose terrene. durante la vita terrena impara a conoscere soltanto le ombre di quegli archetipi, afferrandole nei suoi pensieri.
Ciò che sulla terra viene soltanto pensato in quella regione è sperimentato.
L’uomo si aggira tra i pensieri, ma essi sono esseri reali. Ciò che durante la vita terrena egli aveva percepito con i sensi, opera ora su di lui nella sua forma di pensiero. Ma il pensiero non appare come un’ombra nascosta dietro le cose; è realtà piena di vita, realtà che genera le cose. L’uomo si trova per così dire nella fucina di pensiero ove sono create e plasmate le cose terrene, poiché nel “mondo dello spirito” tutto è moto e attività piena di vita. Qui il mondo del pensiero è all’opera quale mondo di esseri viventi, plasma e crea. Qui l’uomo vede come si sia formato ciò che egli ha sperimentato durante la vita terrena.
Come nel corpo fisico si sperimentano quali realtà le cose fisiche, così quale spirito si sperimenta ora la realtà delle forze creatrici spirituali. Fra gli esseri-pensiero qui esistenti si trova anche il pensiero della nostra corporeità fisica. Da quest’ultima ci sentiamo separati, sentiamo come è nostra solo l’entità spirituale; e quando scorge il corpo, come nel ricordo, non più in forma di essere fisico, ma come essere-pensiero, già da questo capisce che il corpo appartiene al mondo esteriore. Allora non separiamo più la nostra corporeità del resto del mondo esteriore, come qualcosa di più affine al nostro sé. Sentiamo in tutto il mondo esterno, incluse anche le nostre incarnazioni corporee, un’unità. La totalità del mondo esteriore, comprese le nostre incarnazioni corporee, è sentita come un’unità. Le nostre incarnazioni si fondono col resto del mondo in una unità. Così guardiamo agli archetipi della realtà fisico-corporea come un’unità di cui abbiamo fatto parte. Impariamo così a poco a poco a riconoscere mediante l’osservazione la nostra affinità, la nostra unità col resto del mondo. Impariamo a dire, rispetto a esso: «Tutto ciò che si estende qui avanti a te, intorno a te, sei stato tu stesso».

Questo è uno dei pensieri fondamentali dell’antica saggezza dei Vedanta. Il “saggio” impara già nella vita terrena ciò che altri sperimentano solo dopo la morte e cioè ad afferrare il pensiero della sua parentela con tutte le cose, il pensiero: questo sei tu (TAT TWAM ASI). 

“Tat tvam asi” (o Tat twam asi) è una frase sanscrita che si traduce letteralmente in “Quello sei tu” (That thou art in inglese). È una delle grandi massime (Mahāvākyas) delle Upanishad, i testi filosofici fondamentali dell’induismo, ed è specificamente tratta dal Chandogya Upanishad. Il significato profondo di questa frase è spirituale e metafisico. Essa esprime l’idea che l’essenza individuale (l’Ātman, il sé) non è separata dall’essenza universale (Brahman, il principio divino assoluto). In altre parole, l’io interiore di ogni individuo è identico alla realtà ultima o al tutto cosmico. Questa massima invita a riflettere sulla non dualità (Advaita) e sulla connessione intrinseca tra il sé individuale e l’universo. È una delle basi della filosofia Advaita Vedanta, che insegna che non c’è separazione tra il sé e il divino, poiché tutto è uno.

Nella vita terrena ciò costituisce un ideale a cui la vita del pensiero può dedicarsi; nel “mondo dello spirito” è un fatto immediato che l’esperienza spirituale chiarisce sempre più.

In quel mondo l’uomo stesso diviene sempre più conscio di appartenere, nella sua vera essenza, al mondo spirituale; percepisce se stesso come spirito fra spiriti, come una parte degli spiriti primordiali e sentirà in se stesso la parola dello spirito primordiale “io sono lo spirito primordiale“. (La saggezza dei Vedanta dice: “io sono Brahma”, cioè una parte dell’essere primordiale da cui tutti discendono tutti gli esseri).

Quel che nella vita terrestre si afferra come pallido pensiero e verso cui tende ogni saggezza, nel mondo spirituale e dunque esperienza diretta. Si può anzi dire che nella vita terrena ciò avviene pensato solo perché nell’esistenza spirituale è realtà.

Durante la sua essenza spirituale, l’uomo vede da un osservatorio più elevato, percorsi dire da fuori, le condizioni e i fatti e in mezzo ai quali egli si trova nella vita terrena. Allo stesso modo vive nella regione inferiore del mondo spirituale per quanto riguarda le condizioni terrene direttamente connesse con la realtà fisico-corporea.

Sulla terra l’uomo nasce in una famiglia, in un dato popolo e vive in un dato paese. Tutte queste circostanze determinano la sua esistenza terrena. Le circostanze del mondo fisico gli fanno incontrare un dato amico, svolgere questa quella professione. Tutto ciò determina le sue condizioni terreni di vita e tutto ciò gli viene incontro quale vivente essere-pensiero durante la sua vita nella prima regione del mondo spirituale. Rivive in certo modo ogni cosa una seconda volta, ma la rivive dal lato spirituale-attivo.l’affetto familiare che ha sperimentato, l’amicizia che ha portato incontro ad altri, rivivono muovendo dalla sua interiorità e accrescono in lui le facoltà corrispondenti. Si intensifica ciò che nello spirito umano si esplica quale forza d’amore per la famiglia o gli amici. Sotto questo riguardo, l’uomo in seguito ritornerà più progredito nell’esistenza terrena.

In un certo senso, sono le condizioni quotidiane della vita terrena che in questa prima regione maturano come frutti e quindi la parte dell’uomo che si esaurisce con i suoi interessi in queste relazioni d’ordine quotidiano si sentirà imparentata con questa regione per la maggior parte del tempo della vita Spirituale fra due incarnazioni.

Nel mondo spirituale ritroviamo gli uomini con i quali abbiamo vissuto nel mondo fisico. Come si distacca dall’anima tutto quanto ad essa apparteneva in virtù del corpo fisico, così anche il legame che durante la vita fisica unisce un’anima ad un’altra si scioglie dalle condizioni che hanno senso e possibilità di esplicazione soltanto nel mondo fisico. Tuttavia quel che è un’anima è stata per l’altra nella vita fisica continua oltre la morte fin dentro il mondo spirituale. è naturale che parole coniate per le condizioni fisiche possano riprodurre solo imperfettamente quel che avviene nel mondo spirituale. Pur tenendone conto, è del tutto giusto affermare che le anime unite al mondo fisico si ritrovano in quello spirituale per proseguire insieme la loro vita in modo adeguato.

SECONDA REGIONE

La seconda regione è quella in cui la vita unitaria del mondo terreno appare quale essere-pensiero e scorre come elemento liquido nel “mondo spirituale“. Finché osserviamo il mondo rivestiti d’un corpo fisico, la vita ci sembra legata ad esseri viventi isolati ma nel “mondo spirituale“ essa ne è sciolta e scorre, attraversa per così dire l’intera regione in certo qual modo come sangue vitale. Essa è in quel mondo l’unità vivente, presente in ogni cosa. Durante la vita terrestre, soltanto un riflesso di questa unità si palesa all’uomo; questo riflesso si esprime in ogni forma di culto (venerazione) che l’uomo dedica all’assieme, all’unità e armonia del mondo. Da questo riflesso deriva la vita religiosa degli uomini. L’uomo si accorge che il vero senso dell’esistenza non sta nelle cose separate e passeggere; egli considera queste (le cose separate ndr) solamente come un «simbolo», come un’immagine dell’eterno, o di un’unità armonica verso la quale egli alza lo sguardo con venerazione e adorazione e le offre riti e cerimonie religiose.

Nel “mondo spirituale“ non l’immagine ma la reale figura appare quale vivente essere-pensiero. Qui l’uomo può realmente congiungersi con l’unità che ha venerato sulla terra. I frutti della vita religiosa e di tutto quanto vi è connesso si palesano in questa regione. L’uomo impara ora dall’esperienza spirituale a riconoscere che il suo destino singolo non deve venir scisso da quello della comunità di cui è parte. Si forma qui la facoltà di riconoscersi quale parte di un tutto. I sentimenti religiosi, tutto quanto nell’uomo già durante la vita aspirò a una morale pura e nobile, per molta parte dell’intervallo spirituale fra due incarnazioni attingerà forza da questa regione. E l’uomo si reincarnerà con le facoltà relative accresciute.

Mentre nella prima regione siamo con le anime alle quali eravamo uniti nella vita fisica precedente con i più diretti legami del mondo fisico, nella seconda entriamo nella cerchia di tutte quelle a cui, in un senso più largo, ci siamo sentiti congiunti da una venerazione, da una fede comune e così via. Va osservato che le esperienze spirituali delle regioni precedenti continuano durante le successive. L’uomo non viene dunque strappato ai legami annodati nella famiglia, creati nell’amicizia e così via quando penetra nella vita della seconda regione e delle successive.

Le regioni del “mondo spirituale“ non sono inoltre separate le une dalle altre come “scomparti“; si compenetrano anzi a vicenda e l’uomo sperimenta se stesso in una nuova regione NON per esservi comunque “entrato“ esteriormente, ma per aver conseguito le facoltà interiori di percepire cose che prima non percepiva.

TERZA REGIONE

La terza regione del “mondo spirituale“ contiene gli archetipi del mondo anemico. Tutto quanto vive nel mondo animico esiste qui allo stato di vivente essere-pensiero. Qui si trovano gli archetipi delle brame, dei desideri, dei sentimenti e così via. Ma nel mondo spirituale all’anima non è legato alcun egoismo.come tutta la vita nella seconda regione, così tutte le brame, i desideri, la gioia e il dolore formano qui un’unità. La brama e il desiderio altrui non si distinguono dai miei. Le sensazioni e i sentimenti di tutti gli esseri costituiscono un mondo comune che circonda e avvolge ogni cosa come l’atmosfera fisica avvolge la terra. Questa regione è per così dire l’atmosfera del mondo spirituale. Tutto ciò che durante la vita terrena l’uomo aveva compiuto al servizio della comunità con dedizione al bene altrui, qui porta ai suoi frutti poiché, attraverso quel servizio, quella dedizione, egli era vissuto in un riflesso della terza regione del “mondo spirituale“. I grandi benefattori del genere umano, le nature piene di abnegazione, quelli che rendono grandi servigi alle comunità, conquistano le facoltà corrispondenti in questa sfera, dopo aver conseguito in precedenti vite il diritto a una particolare affinità con essa.

È evidente che le tre regioni del “mondo spirituale“ fin qui descritte hanno un certo nesso con i mondi sottostanti, cioè col mondo fisico e con quello anemico, poiché contengono gli archetipi, i viventi esseri pensiero che in quei mondi assumono esistenza corporea o anemica.

Soltanto la quarta regione è “puro mondo spirituale“. Ma neppure essa lo è nel pieno senso della parola. Si distingue dalle tre regioni inferiori perché in quelle si riscontrano gli archetipi delle condizioni fisiche e anemiche che l’uomo trova già nel mondo fisico e anemico prima di agirvi lui stesso. Le circostanze della vita quotidiana si riallacciano alle cose e agli esseri che l’uomo trova già nel mondo; le cose transitorie del mondo fisico dirigono il suo sguardo alle loro cause primordiali eterne; anche tutto il creato, al quale si dedica con abnegazione non deve la sua esistenza all’uomo. Ma per suo mezzo esistono nel mondo le creazioni dell’arte, delle scienze, della tecnica, dello Stato, e così via; in breve tutto ciò che egli introduce nel mondo quali opere originali del proprio spirito. di tutto ciò, senza la sua cooperazione, non ci sarebbe alcuna immagine fisica nel mondo. Gli archetipi di queste creazioni puramente umane si trovano appunto nella quarta regione del “mondo spirituale”.

I risultati scientifici, le idee e le forme artistiche, i pensieri tecnici elaborati dall’uomo durante la vita fisica portano i loro frutti in questa quarta regione. Da essa attingono perciò i loro impulsi gli artisti, gli scienziati e i grandi inventori durante il loro soggiorno nel “mondo spirituale“ e qui accrescono il loro genio per poter concorrere in più forti misura al progresso dell’umanità in una nuova incarnazione. 

Non dobbiamo figurarci che questa quarta regione del “mondo spirituale” abbia importanza solo per uomini particolarmente imminenti. Ne per tutti gli uomini. Tutto quanto occupa l’uomo durante la vita fisica oltre la sfera del vivere, desiderare e volere quotidiano, alla sua prima sorgente in questa regione. Se tra la morte è una nuova nascita l’uomo non l’ha attraversasse, non avrebbe nella sua vita successiva alcun interesse che, sorpassando la stretta cerchia della sua vita personale,lo portasse a ciò che è universalmente umano.

Più sopra si è detto che neppure questa regione può essere chiamata nel pieno senso della parola “puro mondo spirituale“. Non lo è perché la condizione in cui gli uomini hanno lasciato la civiltà terrena agisce sulla loro esistenza spirituale. Nel “mondo dello spirito“ essi possono fruire soltanto dei risultati di ciò che ebbero possibilità di produrre secondo le loro attitudini e il grado di evoluzione Del popolo, dello Stato e così via cui erano appartenuti.

Nelle regioni spirituali ancora superiori, lo spirito umano è sciolto oramai da ogni vincolo terreno. Ascende nel “puro mondo spirituale“ ove sperimenta gli intenti e le mete che lo spirito ha voluto attuare con la vita terrena. Tutto quanto è già stato attuato nel mondo non presenta che una più o meno pallida immagine dei sommi scopi intenti. Ogni cristallo, ogni albero, ogni animale e anche tutto quanto è attuato nel campo dell’attività umana, offre solo immagini di ciò che lo spirito si prefigge, e nelle sue incarnazioni l’uomo può riallacciarsi soltanto a queste imperfette immagini delle perfette mete e intenzioni. In una delle sue incarnazioni, può essere solo che un’immagine di ciò che nel regno dello spirito è stato prefisso per lui. Quel che egli è in effetti quale spirito nel “mondo spirituale, appare perciò soltanto allorché, nell’intervallo tra due incarnazioni egli scende alla quinta regione di quel mondo. Qui egli è veramente se stesso. È quello che nelle varie incarnazioni riveste un’esistenza esteriore. In questa regione il vero sé dell’uomo può esplicarsi liberamente da ogni lato.è dunque quell’unico sé che in ogni incarnazione compare sempre di nuovo.tale sé porta seco le facoltà sviluppate nelle regioni inferiori del “mondo spirituale“. Porta così i frutti delle vite precedenti nelle successive. È il portatore dei risultati di incarnazioni precedenti. 

Vivendo nella quinta regione del “mondo spirituale“, il sé si trova dunque nel regno degli intenti e degli scopi.come l’architetto trae ammaestramento dalle imperfezioni da lui riscontrate nel proprio lavoro, e nei nuovi progetti accoglie solo ciò che di tali imperfezioni ha saputo perfezionare, Così nella quinta regione il sé abbandona ciò che dei risultati delle vite precedenti deriva dalle imperfezioni dei mondi inferiori e feconda gli intenti del “mondo spirituale“ in mezzo ai quali egli ora vive con i risultati delle sue vite precedenti. È chiaro che la forza, la quale potrà essere attinta da questa regione, dipenderà dal numero dei risultati, capaci di essere accolti nel mondo degli intenti che il sé avrà conquistato durante un’incarnazione. Il sé, che durante l’esistenza terrena avrà cercato di tradurre in realtà gli intenti dello spirito con una attiva vita del pensiero oppure col saggio operoso amore, si sarà conquistato grandi diritti in questa regione. Quel sé invece che si sarà interamente fuso nelle vicende quotidiane, che avrà vissuto solo nel transitorio, non avrà gettato alcun seme che possa entrare negli intenti dell’ordinamento eterno. Solo quel poco che esso avrà compiuto oltre agli interessi quotidiani, potrà svilupparsi come frutto in queste regioni superiori del “mondo spirituale“ non bisogna però credere che qui si tratti soprattutto delle cose che procurano gloria terrena o altro. No, si tratta anzi di ciò che, nella pur ristretta cerchia della vita, sviluppa la coscienza che ogni singola azione ha un’importanza per l’eterno corso della vita. Dobbiamo familiarizzarci col pensiero che in questa regione si deve giudicare altrimenti da come si può giudicare nella vita fisica. Se per esempio si è raggiunto poco di quel che a fine con questa regione, sorge lo stimolo a far proprio per la seguente vita terrena un impulso per cui essa si svolga in modo che nel destino (karma)) si manifesti l’effetto relativo a quella mancanza. Il destino che dal punto di vista della vita terrena apparirà doloroso e come tale sarà forse profondamente deplorato, in questa regione del “mondo spirituale” è considerato dall’uomo come senz’altro necessario per lui. 

Vivendo in questa quinta regione nel suo vero sé, l’uomo è posto al di sopra di tutto quanto dei mondi inferiori lo avvolge durante le incarnazioni; è quello che fu sempre e che sempre sarà nel corso delle sue incarnazioni; vive nel dominio degli intenti relativi alle sue incarnazioni e l’incorpora nel proprio sé.guarda al suo passato e sente che tutto quanto vi ha sperimentato e accolto negli intenti che dovrà attuare in avvenire. Si accende una specie di memoria delle vite passate e la visione profonda di quelle future.

Vediamo dunque che, nella misura in cui si è sviluppato, quel che abbiamo chiamato “sé spirituale” vive in questa regione nella realtà adesso adeguata. Si sviluppa e si prepara, affinché in una nuova incarnazione gli intenti spirituali possano attuarsi nella vita terrena.

Dopo che per una serie di timore nel “mondo spirituale“ il “sé spirituale“ si è sviluppato così da muoversi del tutto liberamente in quel mondo, esso vi cerca sempre più la sua vera patria.la vita nello spirito gli diviene familiare come lo è per l’uomo la vita nella realtà fisica.i punti di vista del mondo spirituale sarà ormai Quelli Che in modo più o meno cosciente egli adotterà come suoi, come norma delle sue future vite terrene. Il sé può sentirsi come un elemento dell’ordinamento divino. Le limitazioni e le leggi della vita terrena non lo toccano nella sua essenza più profonda. la forza per tutto quanto compie gli viene dal mondo spirituale che però è un’unità.chi vive in esso sa come l’eterno abbia lavorato al passato e, partendo dall’eterno può determinare l’indirizzo del futuro. lo sguardo sul passato si estende a una visione completa. Un uomo che abbia raggiunto questo gradino si prefigge da sé le mete da raggiungere in una prossima incarnazione. Dal “mondo dello spirito“ egli influisce sul suo futuro, affinché questo si svolga nel senso della verità e dello spirito. nell’intervallo tra due incarnazioni l’uomo si trova alla presenza di tutti gli esseri e eccelsi davanti ai cui sguardi la Divina Sapienza sta aperta senza veli. Egli ha infatti raggiunto il gradino sul quale può comprenderla.

Nella sesta regione del “mondo spirituale“ l’uomo compirà in ogni sua azione quanto meglio si adegua alla sua vera essenza nel mondo, poiché non può ricercare quel che gli giova, ma unicamente quel che deve accadere secondo il giusto corso dell’ordinamento del mondo.

La settima regione del “mondo spirituale” conduce al limite dei “tre mondi”.qui l’uomo è di fronte ai “nuclei vitali” che da mondi superiori vengono trasportati nei tre ora descritti per svolgervi il loro compito. Arrivato al limite dei tre mondi l’uomo si riconosce nel proprio nucleo vitale.ciò implica che gli enigmi di questi tre monti debbano essere risolti per lui. Abbraccia quindi l’intera vita di quei mondi. In condizioni comuni non vengono a coscienza, nella vita fisica le facoltà dell’anima con cui nel mondo spirituale essa ha le esperienze qui descritte. Lavorano nelle loro profondità inconsce alla formazione degli organi corporei che formano la coscienza del mondo fisico.

È questa la ragione per cui esse rimangono impercepibili in questo mondo. Anche l’occhio non vede se stesso, poiché in esso agiscono le forze che rendono visibili le altre cose.chi voglio giudicare in quale misura è una vita umana tra nascita e morte possa essere il risultato di vita precedenti, deve considerare che un punto di vista a attinto alla vita stessa, qual è quello che naturalmente dobbiamo anzitutto adottare quaggiù, non offre alcuna possibilità di giudizio. Per un tale punto di vista, una vita terrena potrebbe ad esempio apparire dolorosa, manchevole, mentre quando si è osservata da un punto di vista posto al di fuori, dovrà apparire appunto in quella forma, col suo dolore e la sua imperfezione come risultato di esistenze precedenti. Man mano che avanza sul sentiero della conoscenza, qual è descritto in uno dei prossimi capitoli, l’anima si scioglie dalle condizioni della vita corporea. Può così percepire in immagine le esperienze che attraversa tra morte e una nuova nascita.

Tale percezione dà la possibilità di descrivere i processi del mondo spirituale come li abbiamo abbozzati qui.vedrà questa descrizione nella sua giusta luce solo chi non dimentichi di tener presente che tutta la disposizione dell’anima è diversa nel corpo fisico da quella nell’esperienza puramente spirituale.

IoArgentoVivo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Potrebbero piacerti